Guerra e produzione industriale: esistono settori al sicuro dalla crisi?
04.07.2022
Guerra e produzione industriale: esistono settori al sicuro dalla crisi?
La guerra in Ucraina, che da due mesi sconvolge il paese e con esso l’economia di tutto il mondo, continua a pesare in modo più o meno rivelante sulle industrie, specialmente europee. Ma a medio lungo termine quali settori ne risentiranno di più e quali potrebbero reggere il colpo? e perché conviene in ogni caso tutelare i propri investimenti assicurando i crediti?
Molti i fattori a fare la differenza, su tutti il posizionamento delle imprese nelle catene di approvvigionamento o della loro collocazione geografica, ma non solo. Ad esempio, parlando di variabili esterne e comuni alla maggior parte degli operatori di mercato, a pesare in modo massiccio saranno i prezzi elevati delle materie prime. Questi ultimi dovuti innanzitutto ai problemi di approvvigionamento aggravati dalla guerra, oltre che a diatribe legate a sanzioni e contratti di fornitura.
Diversa oltretutto la situazione sulle principali risorse energetiche.
Infatti per il petrolio, il cui rialzo dei prezzi dovrebbe continuare ad essere alimentato dal divieto di quello russo annunciato dalla Commissione Europea, i paesi dell’Unione potrebbero reggere il colpo di un eventuale embargo immediato [1]. Ovviamente con un picco dei prezzi che però si autoregolerebbe entro un paio di mesi grazie all’aumento della produzione e importazione dai paesi Opec, oltre che da Usa, Norvegia e, in misura minore, Inghilterra.
Decisamente più complicata sarebbe la situazione in caso di immediata interruzione delle esportazioni di gas russo. Per i paesi che dipendono fortemente dallo stesso, come l’Italia, la Germania o l’Austria, ma anche per diversi dell’Est Europa [2], si prospetterebbe un inverno molto duro. Perfino il ricorso a nuovi fornitori - unitamente al tentativo di sostituire il gas con altre fonti energetiche – e ad un auto-razionamento da parte del settore privato in risposta ai prezzi altissimi non sarebbero sufficienti a colmare il divario emergente di approvvigionamento di gas con serie ripercussioni sulle industrie, sulla produzione, sulla solvibilità e sull'occupazione.
Ma esulando dallo scenario peggiore - che rimane comunque improbabile - e senza addentrarci nelle eventuali misure politiche auspicabili per prevenirlo, quali settori sono maggiormente a rischio e quali mostrano invece una certa resilienza, tenuto conto del permanere dello status quo e senza vere garanzie sull’evolversi della situazione bellica?
Dai dati riguardo alle previsioni sui settori industriali [3], che potremmo definire “principali”, si evince come i settori più colpiti saranno quelli più ciclici e ad alta intensità energetica, come quello petrolchimico (anche se non del tutto), dei trasporti, l’automotive, quello della carta e quello tessile e dell’abbigliamento.
Ultimo, ma non per rilevanza, il settore agroalimentare che risente fortemente delle esportazioni dei cereali di cui Ucraina, Russia e Bielorussia sono i principali produttori, ma anche di diversi fattori esterni, su tutti la crisi climatica. Per contro, tutti i settori che richiedono importanti attività di ricerca e sviluppo rimarranno più resilienti. Su tutti, sicuramente quello farmaceutico, che continua a mostrare una buona dinamicità finanziaria anche in virtù di una pandemia Covid che, benché attenuata, si spera in via definitiva, in molte parti del mondo non è ancora finita .
Un altro settore che dovrebbe mostrare una buona tenuta è senz’altro quello dei vari segmenti TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) in quanto gli investimenti e le attrezzature necessarie all’uso di questi servizi sono precedenti alla crisi e gli utenti non sono quindi interessati dalle interruzioni di filiera. Oltretutto la quasi totalità dei servizi è fruibile da remoto e quindi non limitata da barriere fisiche e geografiche.
A reggere bene i colpi dovrebbero essere alcuni sotto segmenti della chimica specializzata, come i mercati del beauty, delle fragranze e degli aromi. A rendere diversi tali settori è una combinazione di vari fattori specifici, tra cui l’anticiclicità e un posizionamento di mercato dominante concentrato solo in alcune parti del mondo, oltre l’essere attività industriali ad alta tecnologia e innovative, con elevate barriere all'ingresso.
Alla luce di ciò potrebbe quindi sembrare che il mercato sia destinato ad andare, sempre di più, verso una vera e propria dicotomia tra settori in seria difficoltà e settori resilienti; tuttavia proprio la particolare natura di questi ultimi rende difficile, per chi già non vi operi, diversificare gli investimenti verso tali settori. È altresì vero che un graduale adeguamento delle abitudini dei consumatori e delle imprese e un cambiamento nell'organizzazione delle catene di approvvigionamento, con un conseguente impatto sui canali globali, fungeranno da avvio per significative trasformazioni del mercato, anche se è difficile stimarne i tempi.
Simili rivoluzioni possono essere allo stesso tempo esplosive e legate a tempi di assestamento medio lunghi, tali da renderne difficile la previsione così come gli effetti: industrie che operano per ora in un mercato resiliente potrebbero improvvisamente ritrovarsi sottoposte a maggiori stress economici ed industriali; industrie che già si trovano ad operare in settori in difficoltà potrebbero ulteriormente peggiorare la situazione se aggiungessero la difficoltà ad incassare i propri crediti. Per le une e per le altre quindi risulta essenziale tutelare i propri patrimoni ed investimenti assicurando i propri crediti.
Infatti, in un mercato così interconnesso gli insoluti sono un pericolo continuo ad ogni livello della filiera e nessuno può permettersi di correre il rischio alla luce dell’attuale situazione geopolitica.
La guerra in Ucraina, che da due mesi sconvolge il paese e con esso l’economia di tutto il mondo, continua a pesare in modo più o meno rivelante sulle industrie, specialmente europee. Ma a medio lungo termine quali settori ne risentiranno di più e quali potrebbero reggere il colpo? e perché conviene in ogni caso tutelare i propri investimenti assicurando i crediti?
Molti i fattori a fare la differenza, su tutti il posizionamento delle imprese nelle catene di approvvigionamento o della loro collocazione geografica, ma non solo. Ad esempio, parlando di variabili esterne e comuni alla maggior parte degli operatori di mercato, a pesare in modo massiccio saranno i prezzi elevati delle materie prime. Questi ultimi dovuti innanzitutto ai problemi di approvvigionamento aggravati dalla guerra, oltre che a diatribe legate a sanzioni e contratti di fornitura.
Diversa oltretutto la situazione sulle principali risorse energetiche.
Infatti per il petrolio, il cui rialzo dei prezzi dovrebbe continuare ad essere alimentato dal divieto di quello russo annunciato dalla Commissione Europea, i paesi dell’Unione potrebbero reggere il colpo di un eventuale embargo immediato [1]. Ovviamente con un picco dei prezzi che però si autoregolerebbe entro un paio di mesi grazie all’aumento della produzione e importazione dai paesi Opec, oltre che da Usa, Norvegia e, in misura minore, Inghilterra.
Decisamente più complicata sarebbe la situazione in caso di immediata interruzione delle esportazioni di gas russo. Per i paesi che dipendono fortemente dallo stesso, come l’Italia, la Germania o l’Austria, ma anche per diversi dell’Est Europa [2], si prospetterebbe un inverno molto duro. Perfino il ricorso a nuovi fornitori - unitamente al tentativo di sostituire il gas con altre fonti energetiche – e ad un auto-razionamento da parte del settore privato in risposta ai prezzi altissimi non sarebbero sufficienti a colmare il divario emergente di approvvigionamento di gas con serie ripercussioni sulle industrie, sulla produzione, sulla solvibilità e sull'occupazione.
Ma esulando dallo scenario peggiore - che rimane comunque improbabile - e senza addentrarci nelle eventuali misure politiche auspicabili per prevenirlo, quali settori sono maggiormente a rischio e quali mostrano invece una certa resilienza, tenuto conto del permanere dello status quo e senza vere garanzie sull’evolversi della situazione bellica?
Dai dati riguardo alle previsioni sui settori industriali [3], che potremmo definire “principali”, si evince come i settori più colpiti saranno quelli più ciclici e ad alta intensità energetica, come quello petrolchimico (anche se non del tutto), dei trasporti, l’automotive, quello della carta e quello tessile e dell’abbigliamento.
Ultimo, ma non per rilevanza, il settore agroalimentare che risente fortemente delle esportazioni dei cereali di cui Ucraina, Russia e Bielorussia sono i principali produttori, ma anche di diversi fattori esterni, su tutti la crisi climatica. Per contro, tutti i settori che richiedono importanti attività di ricerca e sviluppo rimarranno più resilienti. Su tutti, sicuramente quello farmaceutico, che continua a mostrare una buona dinamicità finanziaria anche in virtù di una pandemia Covid che, benché attenuata, si spera in via definitiva, in molte parti del mondo non è ancora finita .
Un altro settore che dovrebbe mostrare una buona tenuta è senz’altro quello dei vari segmenti TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) in quanto gli investimenti e le attrezzature necessarie all’uso di questi servizi sono precedenti alla crisi e gli utenti non sono quindi interessati dalle interruzioni di filiera. Oltretutto la quasi totalità dei servizi è fruibile da remoto e quindi non limitata da barriere fisiche e geografiche.
A reggere bene i colpi dovrebbero essere alcuni sotto segmenti della chimica specializzata, come i mercati del beauty, delle fragranze e degli aromi. A rendere diversi tali settori è una combinazione di vari fattori specifici, tra cui l’anticiclicità e un posizionamento di mercato dominante concentrato solo in alcune parti del mondo, oltre l’essere attività industriali ad alta tecnologia e innovative, con elevate barriere all'ingresso.
Alla luce di ciò potrebbe quindi sembrare che il mercato sia destinato ad andare, sempre di più, verso una vera e propria dicotomia tra settori in seria difficoltà e settori resilienti; tuttavia proprio la particolare natura di questi ultimi rende difficile, per chi già non vi operi, diversificare gli investimenti verso tali settori. È altresì vero che un graduale adeguamento delle abitudini dei consumatori e delle imprese e un cambiamento nell'organizzazione delle catene di approvvigionamento, con un conseguente impatto sui canali globali, fungeranno da avvio per significative trasformazioni del mercato, anche se è difficile stimarne i tempi.
Simili rivoluzioni possono essere allo stesso tempo esplosive e legate a tempi di assestamento medio lunghi, tali da renderne difficile la previsione così come gli effetti: industrie che operano per ora in un mercato resiliente potrebbero improvvisamente ritrovarsi sottoposte a maggiori stress economici ed industriali; industrie che già si trovano ad operare in settori in difficoltà potrebbero ulteriormente peggiorare la situazione se aggiungessero la difficoltà ad incassare i propri crediti. Per le une e per le altre quindi risulta essenziale tutelare i propri patrimoni ed investimenti assicurando i propri crediti.
Infatti, in un mercato così interconnesso gli insoluti sono un pericolo continuo ad ogni livello della filiera e nessuno può permettersi di correre il rischio alla luce dell’attuale situazione geopolitica.
[1] Vedi: Stop all'approvvigionamento energetico russo: cosa aspettarsi? (https://www.allianz-trade.com/it_IT/news-e-approfondimenti/studi-economici/pubblicazioni-economiche/stop-all-approvvigionamento-energetico-russo-cosa-aspettarsi.html)
[2] Su tutti Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Paesi Bassi, Romania e Polonia
[3] Vedi: Effetti a catena a medio e lungo termine della guerra in Europa sull'andamento dei settori globali: ci saranno settori resilienti? https://www.coface.it/News-Pubblicazioni/News-sul-mondo-Coface-Coface/Effetti-a-catena-a-medio-e-lungo-termine-della-guerra-in-Europa-sull-andamento-dei-settori-globali-ci-saranno-settori-resilienti